Cosa sono le cicatrici?
Qualcuno scherzando potrebbe dire che sono “un segno particolare”, e nell’era dei tatuaggi in effetti possono essere mascherate più facilmente che in passato.
In fisiologia le cicatrici sono l’espressione di un processo riparativo della pelle che, a seguito di un trauma o di una chirurgia, rimargina la ferita mediante apposizione di tessuto fibroso. E fin qui tutto bene.
Ma cosa succede se il processo di cicatrizzazione produce delle complicanze nascoste?
Quando infatti le cicatrici risultano “attive”, ovvero patologiche, creano delle aderenze tra i piani cutaneo, fasciale e muscolare: da un punto di vista meccanico possiamo pensare alle aderenze cicatriziali come a delle graffette o mollette che pinzano oltre i vestiti anche la biancheria sottostante, impedendo o limitando il movimento di scivolamento delle strutture circostanti o adiacenti, e interferendo sulla fisiologia vascolare e quindi sulla funzione di quella zona del corpo.
Ovviamente non tutte le cicatrici sono elementi perturbatori, ma se consideriamo gli interventi chirurgici a livello addominale (per esempio l’appendicectomia) risulta più facile che il sistema fasciale possa essere influenzato, anche a distanza di anni, da queste fissazioni connettivali.
Ne avete mai fatto esperienza?
La domanda non è peregrina, perché solitamente le aderenze non si manifestano con segni o sintomi evidenti ed immediati, ed è per questa ragione che molto spesso le cicatrici vengono sottovalutate e/o trascurate.
Ed ecco il ruolo dell’osteopata: valutare le eventuali interferenze meccaniche della cicatrice sui tessuti circostanti, e porre rimedio attraverso opportune manipolazioni di scollamento dei tessuti cutaneo, fasciale e muscolare, allo scopo di mobilizzare e risolvere questi fulcri cicatriziali: restituendo infatti la giusta lunghezza ed elasticità ai tessuti, è possibile migliorare la vitalità e la risposta fisiologica della zona trattata e dunque anche il suo aspetto, minimizzando in tal modo gli effetti indesiderati delle cicatrici.